giovedì 6 novembre 2014

Un albero africano e...l'ipertrofia prostatica

E' uno dei più importanti 'rimedi' della farmacopea africana: si tratta di un albero, Prunus africana. Se ne fa commercio senza regole, ai danni delle popolazioni locali e degli alberi stessi.

In Africa equatoriale P. africana è una medicina utilizzata in varie forme per trattare febbri, problemi urinari, dolori di stomaco, malaria. Spicca per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. Anche l'Occidente ha scoperto quest'albero sempreverde e l'ha lanciato sul mercato nei primi anni Novanta come trattamento alternativo dell'ipertrofia prostatica.

Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.

«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.

Scelte naturali per l'ipertrofia prostatica

La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.

Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.

E' uno dei più importanti 'rimedi' della farmacopea africana: si tratta di un albero, Prunus africana. Se ne fa commercio senza regole, ai danni delle popolazioni locali e degli alberi stessi.
In Africa equatoriale P. africana è una medicina utilizzata in varie forme per trattare febbri, problemi urinari, dolori di stomaco, malaria. Spicca per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. Anche l'Occidente ha scoperto quest'albero sempreverde e l'ha lanciato sul mercato nei primi anni Novanta come trattamento alternativo dell'ipertrofia prostatica.
Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.
«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.
Scelte naturali per l'ipertrofia prostatica
La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.
Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.
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In Africa equatoriale P. africana è una medicina utilizzata in varie forme per trattare febbri, problemi urinari, dolori di stomaco, malaria. Spicca per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. Anche l'Occidente ha scoperto quest'albero sempreverde e l'ha lanciato sul mercato nei primi anni Novanta come trattamento alternativo dell'ipertrofia prostatica.
Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.
«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.
Scelte naturali per l'ipertrofia prostatica
La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.
Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.
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In Africa equatoriale P. africana è una medicina utilizzata in varie forme per trattare febbri, problemi urinari, dolori di stomaco, malaria. Spicca per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. Anche l'Occidente ha scoperto quest'albero sempreverde e l'ha lanciato sul mercato nei primi anni Novanta come trattamento alternativo dell'ipertrofia prostatica.
Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.
«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.
Scelte naturali per l'ipertrofia prostatica
La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.
Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.
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In Africa equatoriale P. africana è una medicina utilizzata in varie forme per trattare febbri, problemi urinari, dolori di stomaco, malaria. Spicca per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. Anche l'Occidente ha scoperto quest'albero sempreverde e l'ha lanciato sul mercato nei primi anni Novanta come trattamento alternativo dell'ipertrofia prostatica.
Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.
«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.
Scelte naturali per l'ipertrofia prostatica
La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.
Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.
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In Africa equatoriale P. africana è una medicina utilizzata in varie forme per trattare febbri, problemi urinari, dolori di stomaco, malaria. Spicca per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie. Anche l'Occidente ha scoperto quest'albero sempreverde e l'ha lanciato sul mercato nei primi anni Novanta come trattamento alternativo dell'ipertrofia prostatica.
Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.
«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.
Scelte naturali per l'ipertrofia prostatica
La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.
Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.
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Risultato: la specie è fortemente minacciata per iper-sfruttamento, la flora e la fauna locale pure (i frutti sono apprezzati dai gorilla secondo Dian Fossey), mentre le comunità che da sempre, nella loro medicina, usano questa pianta subiscono pesanti conseguenze dal danno ambientale.
«Il commercio dell'estratto di corteccia di P. africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica – leggiamo in un recente articolo di un gruppo di ricerca di Oxford e Amsterdam* – ha dato vita a un mercato internazionale molto lucrativo: negli ultimi anni Novanta, circa 220 milioni di dollari americani. Per soddisfare questa domanda, ogni anno più di 3300 tonnellate di corteccia sono state raccolte, causando un grave danno di sostenibilità per la coltivazione e la conservazione di questa specie». E' tristemente un caso esemplare.
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La scoperta della corteccia di Prunus africana per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna risale agli anni Sessanta. Ben presto è diventato uno dei rimedi fitoterapeutici più utilizzati in Occidente per questo disturbo. In passato alcuni studi clinici ne hanno comprovato l'efficacia in questi casi. Ma è mancata la prova scientifica definitiva forse – come suggeriscono gli inglesi e gli olandesi – a causa degli alti costi necessari per condurre quel tipo di studi (nessuna azienda farmaceutica vuole investire su un prodotto naturale che non può essere brevettato). E' bastato, però, che si spargesse la notizia per mettere a rischio l'albero stesso.
Sotto tiro il Cameroon che, da solo, produce il 70% della corteccia del pruno presente sul mercato. Bisogna metterci un freno. Gli specialisti ricordano che Prunus africana non è l'unico vegetale che potrebbe essere utile nell'ipertrofia prostatica. Le altre opzioni naturali, secondo loro, sono l'olio d'Argan (Marocco), una specie di palma brasiliana (Attalea speciosa), il fungo Ganoderma lucidum (il Reishi), oltre ad alcune ricette erboristiche dell'Ayurveda e della tradizione medica cinese.
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Siamo presenti al mercato di Bracciano il 9 novembre 2014 - Castelli e Castagne!!!